Pubblichiamo l’odg approvato dalla Presidenza Nazionale di SEL in data 17/11/2011.
Noi oggi festeggiamo la fine di uno stile politico ma non la fine della politica. Le dichiarazioni programmatiche del Sen. Mario Monti sono iscritte nella cultura politica e nella prospettiva di una proposta di stampo conservatore. Esse, pur avendo l’ovvio intento di affrontare la crisi economica-finanziaria, risultano essere troppo generiche e fortemente condizionate da elementi di continuità con la fase precedente. Berlusconi ha ancora un peso ed influenza in questo programma. Infatti, non si cita la patrimoniale riducendosi nell’orizzonte di un”monitoraggio” delle ricchezze che non intacca la sostanza scandalosa di una sperequazione cresciuta esponenzialmente negli ultimi decenni, che per altro è causa prima della crisi attuale.
Il Paese che non vede Monti è quello che affoga nelle macerie morali del berlusconismo e in quelle materiali del fango di Genova e delle Cinque terre. Congedarsi dallo stile berlusconiano è un tratto positivo e salutare del nuovo Governo. Pensare che la componente neoliberista di Berlusconi fosse la sua caratteristica migliore ci induce a più di una perplessità.
C’è bisogno di una terapia d’urto, di una discontinuità.
Non è così se la bussola programmatica è rappresentata dalla lettera di Berlusconi alla BCE, con ulteriori correttivi peggiorativi.
Non è così se l’orizzonte è quello dell’inserimento in costituzione del “pareggio di bilancio, una misura che imporrà più sacrifici, piuttosto che slancio necessario all’economia.
Non è così se si invoca come utile e produttiva la riforma pessima dell’ex Ministro Gelmini, contro cui, ancora oggi, migliaia di studenti sono scesi in piazza.
Il sud resta una pallida evocazione, rapidamente compensata dal riferimento alla “questione settentrionale”. E il risanamento del bilancio si pone come il primo tempo, a cui seguirà, come secondo tempo, la crescita. Una crescita che, nelle parole di Monti, non vede e non nomina il tema della sostenibilità ambientale.
Avevamo apprezzato la qualità delle scelte dei Ministri, la rottura dello stile berlusconiano, la evocazione della questione centrale dell’equità. Avevamo offerto con generosità il nostro ascolto senza pregiudizi a chi aveva il compito di affrontare l’emergenza. La nostra delusione è sincera e cocente.
Il Paese ha bisogno di cambiamento e non di continuità con le stesse politiche che lo hanno fiaccato e ferito. Attendiamo ora il Governo alla prova dei fatti: lo giudicheremo senza faziosità, ma senza sconti. Per noi, dinanzi al battesimo di una nuova stagione politica, diventa sempre più impellente la ricostruzione di una nuova e grande sinistra, che sappia dare una prospettiva alternativa al Paese. Dobbiamo riportare l’Italia in Europa, ha ragione Monti,ma dobbiamo riportarla per contribuire a cambiare la linea delle politiche imposte dalle destre europee, pena la coesione e la stessa sopravvivenza del progetto dell’Europa unita, giusta e solidale che non sia quella descritta dalla BCE.
Per questo vogliamo rilanciare la proposta di un governo di centrosinistra: per cambiare il Paese, renderlo più giusto e libero.
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