giovedì 16 settembre 2010

Tessera del tifoso, un provvedimento illiberale


Tdt. È l’acronimo di “Tessera del Tifoso”, il provvedimento adottato dal Governo Berlusconi e voluto dal Ministero dell’Interno Roberto Maroni, per fidelizzare il tifoso e arginare la violenza negli stadi, è una misura adottata dalle società italiane di calcio in seguito ad una direttiva del Ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Voluta con forza, richiesta, discussa, introvabile e sicuramente confusa. Sono note a tutti, infatti, le numerose polemiche sull’utilizzo o meno della tessera. “Un provvedimento illiberale”, dice qualcuno. Altri lo difendono come una necessità per fermare la violenza negli stadi.

Ma dietro ad un provvedimento che oggi è nell’agenda politica italiana c’è una vera e propria limitazione della libertà di un individuo. La tessera del tifoso diventa soltanto un ostacolo, una barriera sia per l’acquisto dei biglietti in trasferta sia per l’acquisto degli abbonamenti. Solo in questi due casi, infatti, “vale” la tessera. Che strano concetto di fidelizzazione. In termini economici, infatti, la “fidelizzazione” è l’insieme delle azioni di marketing volte al mantenimento della clientela già esistente, che rappresenta la prima linea di difesa di ogni azienda.

Qui il principio del “mantenimento del cliente” viene completamente ribaltato: ieri eri libero di abbonarti e comprare il biglietto per la trasferta al fine di seguire la tua squadra. Oggi non lo sei più. Un precedente gravissimo per la libertà individuale. In altri paesi europei la “tessera” vale non come strumento di limitazione ma come mezzo con il quale l’utente può usufruire di maggiori vantaggi, non compromettendo (come in Italia) quelli già esistenti. La tanto decantata e rifiutata “schedatura” diventa solo uno specchietto per le allodole per spostare l’attenzione su motivazioni più frivole e, tal volta, prive di ogni fondamento logico.

È bene, quindi, che il centro della discussione si porti ad un altro livello. La mastodontica burocrazia della tessera fa saltare subito all’occhio come la libertà venga messa in discussione. Nella prima casella da barrare, interna al modulo di compilazione per richiedere la tessera, l’utente dovrà dichiarare di “non essere destinatario di un Daspo” (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive dagli uno ai cinque anni, emesso sulla base di una semplice denuncia e non per forza dopo una condanna penale).

In questo caso la legge è difficilmente interpretabile, ma più persone che hanno scontato il Daspo hanno già confermato che la Tessera gli è stata negata. Questo vuol dire che una qualsiasi persona al quale è stato emesso il DASPO non potrà mai (mai) abbonarsi o comprare un biglietto in trasferta. È bene ricordare che quasi il 42% dei “daspati” viene assolto dopo anni, scontando lo stesso la pena del DASPO. Scendendo più in basso, la terza casella, esclude dalla possibilità di tesseramento chiunque sia stato condannato, anche se solo in primo grado, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

Quindi, oltre alla pena prevista dalla legge (nel caso di colpa), per il tifoso c’è anche la pena “aggiuntiva” di non poter seguire la propria squadra né da abbonato, né in trasferta. Sorgono spontanee due domande: la legge non prevede fino al terzo grado di giudizio per condannare una persona? Due: il così tanto osannato “reinserimento sociale” che fine ha fatto? L’esempio che mi piace di più fare, per essere molto pratici, è quello del ragazzino appena uscito dal carcere minorile di Nisida. Ecco, loro hanno due chance: comprare il biglietto volta per volta e rinunciare alle partite fuori casa o niente. La verità è che la tessera del tifoso è solo una mera operazione economica. Convenzioni con società (tipo “Autogrill Spa”), circuiti bancari, autostrade e linee ferroviarie. D’altronde lo dichiarò il capo della Polizia Antonio Manganelli: «La tessera nasce storicamente per motivi di marketing, perché si va

verso la privatizzazione degli stadi» e delle libertà individuali, aggiungerei. Il paradosso è che la tessera non solo non allontanerà i violenti dagli stadi, ma li metterà ancora in condizioni di creare scompiglio negli spalti, proprio perché qualsiasi teppista, pur da tifoso ospite, ha la possibilità di accedere ad un altro settore dello stadio dove ci sono i tifosi avversari. Nonostante tutto sarà sempre l’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive a decidere se una persona, anche se in possesso della tessera del tifoso, potrà seguire la propria squadra in un incontro giudicato “a rischio” dallo stesso Osservatorio. La “Tessera del Tifoso” sembra un preludio terribile di come la libertà sia sempre più un diritto da conquistare. Se tutto dovesse passare in silenzio, un domani, in nome della “dea sicurezza” potremmo trovarci limitazioni nei locali, nei cinema, nei ristoranti, nelle città con maggiore criminalità. Tutto questo è inaccettabile. Le carte fidelizzate lasciamole ai grandi supermercati, il resto sarà solo e sempre repressione.

Riccardo Volpe dal sito di SEL Nazionale
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