sabato 10 luglio 2010

Terremoto sul Capo


Quel che abbiamo visto ieri a Roma va oltre ogni immaginazione del peggio. Guardate le immagini, nonostante le omissioni del Tg1. Migliaia di cittadini dell'Aquila, sindaco in testa, vengono a Roma per protestare contro l'abbandononel quale sono stati lasciati dopo il gran teatro del G8, la santificazione di Bertolaso, e Berlusconi in gloria con il casco. Sembrava di essere tornati ai tempi di Scelba, cariche e manganellate senza pietà. Terremotati e mazziati. Quelle immagini esprimono la ferocia e la rabbia di un capo che ha visto crollare tutti i suoi illusionismi con i quali era sicuro di aver conquistato la popolazione dell'Aquila. L'ha consideratoun tradimento e dato via libera al pestaggio degli aquilani venuti a Roma per dire la verità, per dire che L'Aquila è distrutta e abbandonata aun destino di cancellazione dal vivere civile. Venuti per protestare, perché oltre al danno vivono la beffa della «manovra» che li vuole super-tassati. Ma forse in questa rabbiosa ferocia di Berlusconi c'è anche la paura di essere arrivato alla fine della sua parabola. Si sente travolto dalle liti e dalle ambizioni personali dei suoi gerarchi, dall'opposizione delle Regioni (anche le sue) ai tagli, dalle difficoltà con Tremonti e Bossi, dai sondaggi che lo danno in calo. Ha perso il lume della ragione e probabilmente ha avuto anche la tentazione di mandare Bertolaso alla testa delle guardie che hanno manganellato gli aquilani. Ma tutto questo che effetto avrà in un Italia politicamente disfatta? Dove il partito, che dovrebbe essere di opposizione, il Pd - come ha scritto Ida Dominijanni sul manifesto di martedì scorso - che sa solo delegare la salvezza al «ruolo guida del Capodello Stato». Confessando così non solo una nascosta pulsione presidenzialistica, ma anche - e soprattutto - una dichiarazione di inesistenza. Questo partito, che quando è stato al potere, col secondo governo Prodi, ha saputo solo cercare di imitare Berlusconi e adesso, da quando( dovrebbe essere) all'opposizione non è mai stato in grado, non dico di mettere in difficoltà Berlusconi,maneppure di aprire un serio e chiaro fronte di lotta, trangugiando tutto con malmostosa impotenza. Siamo a un punto limite, quel che ancora in questo paese c'è di sinistra, pur disperso e fuori della guida illusoria dei partiti, dovrebbe entrare in comunicazione, dovrebbe aggregarsi, chiedere conto e ragione al ceto politico che pure manda in parlamento. Il popolo dell'Aquila ci ha dato un segnale forte. Bisogna scendere in campo, mandare al diavolo quei sepolcri imbiancati che dicono di rappresentarci. Non possiamo restare travolti e schiacciati dal crollo, inevitabile, di Berlusconi.

Valentino Parlato - "il manifesto" 8 luglio
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