martedì 13 ottobre 2009

COSTRUIAMO LA SINISTRA, MA CON NUOVE PRATICHE POLITICHE


di Fulvia Bandoli

Non serviva la defezione di una parte dei Verdi o l’incertezza che cresce nel Partito Socialista per decidere di costituire finalmente un soggetto politico unitario della sinistra che non sia la somma di piccoli apparati e pezzi di partitini, avevamo già tutti gli elementi per decidere a Bagnoli (e anche prima) e non farlo è stato un errore.

Abbiamo di fronte questa sfida da quando è nato il Pd e da due anni la stiamo mancando, perché non è facile vincerla ma anche perché hanno prevalso istinti alla conservazione di piccoli e inefficaci perimetri politici. Prendo atto che quel che a molti sembrava già chiaro in quei giorni adesso è chiaro anche a Vendola, a Fava e a Guidoni, che oggi all’unisono dicono che si farà il congresso costitutivo al più presto e prima delle regionali. Mi fa piacere ma non grido evviva. Condivido e capisco l’esigenza di un rilancio del nostro progetto dopo i colpi subiti in questi giorni ma se non si correggono gli errori di gestione e la rotta si partirà ancora una volta per un viaggio che potrebbe non andare a buon fine. C’è un difetto di fabbrica nella politica degli ultimi decenni, si chiama autoreferenzialità del ceto politico (e di un ceto politico che è prevalentemente maschile), mancanza di elaborazione, paura della partecipazione e della democrazia, assenza di pratiche innovative e di relazioni. Sinistra e Libertà non è esente da questi vizi, in certi momenti li ha mostrati tutti.

Servono tante cose, ma un gruppo dirigente in buona parte diverso da quello che ha diretto finora (formato in modo marcato e visibile anche da molte donne che desiderino farlo) può essere a mio parere determinante per produrre l’accelerazione di cui abbiamo bisogno nelle prossime settimane. Nuove esperienze e nuovi volti sono entrati nel coordinamento nazionale, pur con una fatica improba, ed è già un segnale, ma per la fase che si apre adesso ci vuole un più vasto coinvolgimento di forze e precisi incarichi a persone diverse.

Dopo Bagnoli infatti poco o nulla è cambiato. Non sono state stampate le tessere di adesione (pur avendo lanciato l’appello ad aderire), e soprattutto non si sono ancora costituite le commissioni di lavoro, sulle regole, sui principi e i programmi ( che diventeranno ora i materiali congressuali ), all’interno delle quali vanno coinvolti, oltre ai territori che devono essere ben rappresentati, persone e competenze significative che abbiamo perso per strada in questi mesi - penso a tutti/e coloro che avevamo fatto sedere, un anno fa, attorno al tavolo delle sinistre e che andrebbero nuovamente sentiti e convinti a darci una mano: le varie compagne che vengono dal femminismo e che avevano espresso interesse per un lavoro comune - alcune di quelle che hanno riunito 400 donne l’altra domenica a Roma per discutere di sesso e potere e del silenzio degli uomini di Destra ma purtroppo anche di quelli di Sinistra- ; coloro che lavorano nel terzo settore, nelle associazioni e nei movimenti; personalità preziose che molto possono darci sul terreno dell’ elaborazione e della rimotivazione del perché oggi in Italia serva una Sinistra. Sinistra e Libertà è stata, anche dopo Bagnoli, ancora e soltanto una somma “finta” e non c’è stata fiducia in quel che cresceva tra le persone che ci avevano votato e che erano già pronte a lavorare sul territorio.

Nutro per questo seri dubbi rispetto al fatto che lo stesso gruppo dirigente che ci ha portato sin qui possa adesso portarci ad un altro e più difficile traguardo. C’è un coordinamento nazionale eletto che va messo alla prova ma per fare presto e bene bisogna aprire porte e finestre, coinvolgere competenze nuove, cedere finalmente sovranità agli aderenti nei territori, eleggere votando in modo democratico i dirigenti. Spero che tutte e tutti comprendano finalmente che la pratica politica seguita finora è stata perdente, vecchia ed escludente, perchè ci sono più persone di sinistra fuori che dentro i partitini, pronte a lavorare e ad impegnarsi. A condizione che il nuovo soggetto non tema la democrazia e abbia voglia di rimettersi a pensare la politica .

Procedere per mesi e mesi con riunioni di vertice, cercare solo i bilanciamenti tra i vari pezzetti ci ha portato qui. E ha impedito che venisse fuori il nostro profilo politico in qualche battaglia esemplare, ma che per essere tale deve essere insistita e prolungata nel tempo. Siamo spesso stati a rimorchio di qualcuno, di chi convocava la manifestazione sull’Informazione (salvo poi dimenticarsi come ha fatto La Repubblica ieri di dare notizia sulla manifestazione contro l’Omofobia), di Di Pietro che urla più forte, persino di un Pd che in qualche realtà territoriale è del tutto squalificato a governare.

Noi dobbiamo provare a costruire una Sinistra competitiva rispetto a tutte le altre opposizioni, che si confronta e trova convergenze con esse ma che non rinuncia alla sua autonomia. Una Sinistra popolare, che riporta al centro il lavoro e i suoi cambiamenti e li inserisce in una visione dello sviluppo che fa dell’ecologia la leva critica del liberismo e del Pil come unico indicatore, per fermare lo sperpero di risorse limitate e per una nuova giustizia sociale; la libertà femminile e la rivoluzione culturale che ha prodotto; l’uguaglianza come principio che consente opportunità uguali a tutte e tutti; i diritti universalistici e i nuovi diritti civili che nascono da una visione sempre laica della politica e dello Stato; la difesa della Costituzione e dell’unità nazionale dell’Italia; l’impegno per la pace e il disarmo (priorità per un mondo affamato e povero); la lotta alla criminalità e alla mafia . Una Sinistra che si prende il tempo che serve per radicarsi in realtà che non conosciamo più e che non ci conoscono ( i quartieri, tutti i luoghi di lavoro e di formazione e ricerca ma anche i paesi piccoli di questa Italia così differenziata). Una Sinistra che sa prendere, ad esempio, sulle sue spalle stabilmente la lotta per la realizzazione della più grande opera pubblica oggi necessaria all’Italia (il riassetto e la messa in sicurezza del territorio da terremoti, frane e alluvioni) per farne oggetto di discussione in tutti i consigli comunali, provinciali e regionali, materia per una legge di iniziativa popolare e per una estesa consultazione popolare tra i cittadini. Rimettendo così il tema della sicurezza su uno dei suoi cardini essenziali (perché un territorio ferito, abusato e senza norme antisismiche uccide più vite di qualsiasi altra causa). Per una Sinistra così vale la pena di continuare a lavorare, per fare soltanto un’altra (la terza) campagna elettorale, e poi sparire, invece no.
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