martedì 13 ottobre 2009

Cari compagni socialisti…

di Alberto Ferrari*

Cari compagni socialisti, poiché ritengo che anche a voi stia a cuore il destino di SeL, credo sia oramai giunta il tempo di fare un discorso, come si suole dire, con il cuore in mano. Troppe sono le difficoltà e le incertezze che emergono dagli interventi dei compagni, nei nostri siti ufficiali. Difficoltà ed incertezze che, se non correttamente lette ed interpretate, rischiano di degenerare e di aggiungere ostacoli su ostacoli al già non facile cammino di SeL.

Non mi rivolgo ai compagni militanti di base, con i quali ci si ritrova facilmente sulle cose da fare e con i quali i rapporti di collaborazione sono improntati a grande correttezza, ma mi rivolgo ai dirigenti nazionali che, in più di uno e in più di una volta, nei loro interventi hanno dato l’impressione di procedere, nei confronti di SeL, come Penelope con la sua tela.

Comprendo le difficoltà che i dirigenti nazionali del PS (ma certamente non solo loro), hanno, o presumono di avere, nei confronti dei loro iscritti. Il timore che la base non sia pronta a seguirli verso il nuovo progetto di SeL.

Ma a me pare che, se questo è il problema, esso vada affrontato parlando del “progetto SeL” in senso positivo e non sminuendone ripetutamente la portata: “è un percorso verso un nuovo partito… no, è una forma federativa; il partito socialista non si scioglie… ma anzi è in atto il rafforzamento delle strutture periferiche; tra dicembre e febbraio sarà attuato un quadro d’iniziative in ricordo di Nenni e di Craxi; deve essere chiaro che SeL dovrà caratterizzarsi come una forza della sinistra riformista e non antagonista; eccetera..;”. Difficile non cogliere in queste affermazioni un senso di profonda diffidenza verso il nuovo che dovrebbe nascere.

Eppure le ragioni per cercare realizzare anche in Italia un nuovo partito della sinistra ci sono tutte. Comincerò dalla più semplice.

Secondo gli studiosi di flussi elettorali, nel nostro paese c’è un numero di potenziali elettori di sinistra, valutabile in 3-4 milioni, che da alcuni anni non vanno più a votare. Ed il numero sembra essere in crescita dopo l’addio del PD al PSE. Si tratterebbe d’elettori che non si riconoscono in un soggetto di sinistra ideologico ed antagonista, perché altrimenti sarebbero andati a votare per Prc/Pdci. Ma che neppure, e ciò è ancora più importante, hanno ritenuto di dare, in questi anni, il loro consenso al PS o ai Verdi, che pure erano presenti. Si tratterebbe invece per lo più d’elettori che si sono, da alcuni anni, ritirati dal voto perché disorientati dal percorso politico assunto dal principale partito italiano della sinistra, senza trovarne altri. Un elettorato che non ha compreso i motivi per i quali l’Italia si appresta ad essere il solo paese europeo senza più un solido partito d’area socialista.

È dunque proprio sbagliato pensare che potrebbe trattarsi di un elettorato che sembrerebbe attendere, per tornare a votare, la nascita, a sinistra, di un nuovo partito capace di dire parole chiare su cosa intende per eguaglianza, per solidarietà, per democrazia, per Stato, per giustizia, per lavoro ed economia sociale di mercato, per diritti civili e doveri di cittadinanza, per scuola e formazione continua, per fiscalità ed uso delle risorse pubbliche, capace di presentare un progetto economico-culturale per questo paese e, soprattutto, una sinistra capace di fare proposte su come uscire dalla crisi, economica e ambientale che investe sempre più vaste fasce di popolazione. Capace dunque di tornare a battersi per i problemi della gente a partire dalle diseguaglianze che stanno aumentando drammaticamente le povertà.

È dunque sbagliato pensare che potrebbe trattarsi di un elettorato, potenziale, che non è interessato al dibattito attorno ad un nascente partito che da invece di se l’immagine di perdersi in alchimie - federazione, doppie-tessere, percorsi paralleli, ecc.- per non scontentare i detentori di poche centinaia di migliaia di voti che i flussi elettorali mostrano, peraltro, sempre meno sicuri?

Abbiamo più volte ascoltato e detto che se in Italia si vuole far nascere un nuovo soggetto della sinistra, questo dovrà essere nuovo. Nuovo non per nuovismo ma perché esso, per guardare ai tre milioni di potenziali voti, non può riportarci indietro nella storia tutta italiana dei conflitti a sinistra, delle tante famiglie spesso autoreferenziali, in un dibattito quasi per addetti dove era più facile dividersi che unirsi, mentre l’Italia, governata da Berlusconi, sta oggi rischiando una grave deriva antidemocratica populista. E non basta essere contro Berlusconi, facendosi peraltro indicare da lui la mappa di questo essere contro, perché gli elettori ci chiedono un progetto, un’idea di società che faccia loro dimenticare Berlusconi. Ci chiedono valori in cui riconoscersi anche nella vita quotidiana sul lavoro, nei rapporti con gli altri, con la propria famiglia e soprattutto con i figli. Ci chiedono certezze di lavoro o di non essere lasciati soli quando il lavoro è a rischio, ci chiedono serietà, giustizia eguale per tutti, diritti e tutele. Ci chiedono capacità di far ricredere in uno Stato comunità.

C’è un debito oggi, a sinistra, di progetto e di generosità, oltre che d’umiltà, verso coloro che dovrebbero votarci.

Per questo, a che cosa può servire indire iniziative per ricordare Craxi, se non a vedersi contrapporre da altri, con i quali si vorrebbe costituire SeL, il richiamo all’etica e alla sobrietà di Berlinguer?

O forse, più che i ritratti alle pareti dei nostri padri e nonni politici, in lite tra di loro, non ci aiuterebbe di più cercare di capire e far capire perché in Francia, in Olanda, in Svezia, in Germania (paesi che hanno avuto ed hanno ancora una forte impronta socialista), come ci ha mostrato ancora domenica sera a Report la Gabanelli, pur nelle stesse difficoltà della crisi economica, la società mantiene ancora un suo senso logico dove lo Stato, la pubblica amministrazione, e dunque la politica che lo rappresenta, è ancora al servizio del cittadino, del paese. E non viceversa come accade da sempre, e oggi più che mai, in Italia. Dove è in atto una cosi profonda è grave deflagrazione dei valori di solidarietà, di giustizia e di libertà che necessiterebbe della febbricitante ricerca di tutto ciò che ci unisce anziché di ciò che può dividerci.

* Sinistra e Libertà Pavia

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