venerdì 13 luglio 2012

Non rinunceremo alla verità e alla commissione d’inchiesta

Gennaro Migliore - SEL
È molto, molto arrabbiato, Gennaro Migliore che oggi sta con Sel ma che nel luglio 2001, ai tempi del G8 di Genova, era capogruppo di Rifondazione comunista alla Camera e componente della commissione Giustizia. Le parole di Antonio Di Pietro raccolte ieri dal manifesto hanno lasciato di sasso in molti – racconta Migliore – anche dentro il suo partito. Il carcere, l’amnistia, la tortura, i movimenti di Genova che «dovrebbero chiedere scusa» né più e né meno degli apparati di polizia… Sinistra ecologia e libertà si ritrova distante anni luce dall’Idv, proprio come nel 2007, ai tempi della bocciata Commissione parlamentare d’inchiesta sul G8, quando in parlamento sedevano, alla sinistra dei Ds, 150 tra deputati e senatori. E quell’immagine raccolta poco tempo fa a Vasto di colpo sembra già ingiallita. «Finché non ci sarà un chiarimento su questi temi – annuncia Gennaro Migliore – porrò il problema Di Pietro nel progetto di alleanza». Ma come? Da Di Pietro non se l’ aspettava?



Certo, ricordo perfettamente l’immagine di Costantini che su telefonata di Di Pietro uscì per far mancare il numero legale nel voto sulla Commissione parlamentare d’inchiesta su Genova. Pensavo che quello fosse il periodo peggiore della sua carriera di giustizialista ma che in questi anni i rapporti con la Fiom e i movimenti fossero stati occasione di resipiscenza, e invece mi rendo conto che ha un back ground che non gli consente di uscire dall’idea che le questioni del mondo si affrontano o in un’aula di tribunale o gettando la chiave della galera. È un problema grosso per chi come me ha fatto Genova, è un non-violento, e ritiene alcuni principi – la cultura delle garanzie e il rispetto della Costituzione – non negoziabili. Molti hanno apprezzato la svolta a sinistra dell’Idv sulle questioni sociali ma queste dichiarazioni sono un tuffo nel passato, molto pericolose.



Eppure il pensiero dipietrista è molto chiaro, non solo su amnistia, tortura o Genova…. Che c’azzecca, si potrebbe dire, l’Idv con la sinistra?
Ci sono questioni che vengono prima dello schieramento politico. Per me la cultura dello stato di diritto – una cultura liberale che è alla base delle migliori democrazie – viene prima di tutto. È stato proprio Di Pietro a impedire nel corso del governo Prodi le riforme strutturali, come sulle droghe o sull’immigrazione, leggi responsabili dell’attuale problema carcerario e della giustizia. La confusione che fa Di Pietro tra indulto, amnistia e condono dimostra che non ha fatto un passo avanti da quella vergognosa campagna che mise in piedi dopo l’indulto. E invece allora avremmo dovuto associare anche l’amnistia. L’ultimo provvedimento di questo tipo risale al 1986. Anche sulla tortura Di Pietro sa bene che se ci fosse stato il reato, il processo Diaz si sarebbe svolto in tutt’altro modo. Ed è sconcertante che non senta un’asimmetria tra le responsabilità dell’istituzione e quella dei singoli cittadini. Per non parlare delle commissioni d’inchiesta, che su questioni come l’omicidio di Peppino Impastato sono state fondamentali per accertare le responsabilità politiche, oltre a quelle giudiziarie. Le sue affermazioni sono di un populismo scadente e senza appello. Se vuole fare l’alleanza con noi deve sapere che non accetteremo più una coltre di impunità. E che il primo di noi che andrà in Parlamento si batterà per una Commissione d’inchiesta, senza la quale non si può voltare pagina su Genova. L’alleanza rientrerà pure in un suo progetto populista, ma non tutto è gratis.

Eleonora Martini

fonte: il manifesto

Nessun commento: