Con la maratona dei voti di fiducia sul mercato del lavoro si
avvia a conclusione la missione di Mario Monti. Ci saranno altre leggi e
altri tagli. La spending review si tradurrà in concrete mazzate sulla
sanità e in vaghissime promesse sulle pensioni d’oro. Ma il grosso è
fatto e il bilancio è già definitivo.
Questo governo, pur sostenuto da una maggioranza schiacciante, è stato intransigente, ma solo con i deboli e preferibilmente con i debolissmi. Chiunque potesse far valere un po’ di forza e qualche possibilità di ricatto è stato lasciato in pace. Il conto del rigore lo hanno pagato i lavoratori, i precari e i pensionati. Gli esodati non sono un brutto incidente che sfregia l’opera del governo: sono la cifra di quell’opera, la chiave che ne svela l’intera logica.
I risultati non sono brillanti. Sono catastrofici. L’obiettivo conclamato dei professori era rilanciare lo sviluppo e quindi l’occupazione. Hanno raggiunto effetti opposti: crollo dei consumi senza precedenti, recessione, aumento della disoccupazione a balzi da gigante rilevazione dopo rilevazione.
Il solo passo che il governo dice di aver fatto per rilanciare la crescita è allo stesso tempo il più odioso e il più inutile. La cancellazione dell’art. 18 avrà effetti profondissimi sulla condizione dei lavoratori, che perdono un diritto fondamentale. Non ne avrà nessuno, invece, sulla ripresa economica. La possibilità di licenziare senza giusta causa, infatti, non attrarrà in Italia nemmeno un centesimo di investimento dall’estero. Non produrrà neppure un solo nuovo posto di lavoro.
Quando a guidare la corsa verso il disastro c’era Silvio Berlusconi si poteva ancora pensare che la direzione di marcia fosse giusta e il problema fosse un nocchiero ebbro al timone. Ma stavolta, per quanti errori possano aver commesso, non è alla mano malferma del capitano o della ciurma che si deve addebitare l’ennesimo naufragio. Sbagliate sono le mappe, le carte nautiche, la rotta.
Non basterà né servirà sostituire i musicisti se lo spartito resta quello suonato da questo governo, accentuando i toni tecnocratici, e da quello precedente, che modulava invece maggiormente quelli populisti.
La musica, se non proprio identica, è molto simile ed è ciò che deve cambiare. Questo significa oggi alternativa.
In questa aspra condizione, prefigurare alleanze con questo o con quello in nome di un’ingegneria politica nefanda e defunta vuol dire aver smarrito il senso di realtà. Mai come in questo frangente il “con chi” significa poco e il “per che cosa” è tutto.
Per questo prefigurare un’alleanza con il partito che più di ogni altro ha aderito senza alcun distinguo alle politiche di Monti, l’Udc, comporta automaticamente una strettissima continuità con quelle politiche. Il che è l’opposto diametrale di un’alternativa per l’Italia e per l’Europa.
Per Sinistra Ecologia Libertà diventa quindi fondamentale la perimetrazione del campo del centrosinistra, con l’indicazione precisa di un minimo comun denominatore quanto al che fare. Data per scontata l’esistenza di differenze anche rilevanti all’interno di questo perimetro comune e chiaramente indicato, saranno poi le primarie a dire quale accentuazione il nostro popolo vuole imprimere, recuperando quella parola e quel potere decisionale che gli è stato progressivamente sottratto nell’ultimo ventennio.
Chi oggi non capisce questa realtà e scommette ancora sulle strategie di corridoio, sulle formule algide e astratte, su una politica ridotta a somma aritmetica non condanna solo se stesso all’irrilevanza politica. Reca anche un danno immenso alla sinistra e al Paese. E’, nel senso letterale del termine, irresponsabile.
Francesco Ferrara
Questo governo, pur sostenuto da una maggioranza schiacciante, è stato intransigente, ma solo con i deboli e preferibilmente con i debolissmi. Chiunque potesse far valere un po’ di forza e qualche possibilità di ricatto è stato lasciato in pace. Il conto del rigore lo hanno pagato i lavoratori, i precari e i pensionati. Gli esodati non sono un brutto incidente che sfregia l’opera del governo: sono la cifra di quell’opera, la chiave che ne svela l’intera logica.
I risultati non sono brillanti. Sono catastrofici. L’obiettivo conclamato dei professori era rilanciare lo sviluppo e quindi l’occupazione. Hanno raggiunto effetti opposti: crollo dei consumi senza precedenti, recessione, aumento della disoccupazione a balzi da gigante rilevazione dopo rilevazione.
Il solo passo che il governo dice di aver fatto per rilanciare la crescita è allo stesso tempo il più odioso e il più inutile. La cancellazione dell’art. 18 avrà effetti profondissimi sulla condizione dei lavoratori, che perdono un diritto fondamentale. Non ne avrà nessuno, invece, sulla ripresa economica. La possibilità di licenziare senza giusta causa, infatti, non attrarrà in Italia nemmeno un centesimo di investimento dall’estero. Non produrrà neppure un solo nuovo posto di lavoro.
Quando a guidare la corsa verso il disastro c’era Silvio Berlusconi si poteva ancora pensare che la direzione di marcia fosse giusta e il problema fosse un nocchiero ebbro al timone. Ma stavolta, per quanti errori possano aver commesso, non è alla mano malferma del capitano o della ciurma che si deve addebitare l’ennesimo naufragio. Sbagliate sono le mappe, le carte nautiche, la rotta.
Non basterà né servirà sostituire i musicisti se lo spartito resta quello suonato da questo governo, accentuando i toni tecnocratici, e da quello precedente, che modulava invece maggiormente quelli populisti.
La musica, se non proprio identica, è molto simile ed è ciò che deve cambiare. Questo significa oggi alternativa.
In questa aspra condizione, prefigurare alleanze con questo o con quello in nome di un’ingegneria politica nefanda e defunta vuol dire aver smarrito il senso di realtà. Mai come in questo frangente il “con chi” significa poco e il “per che cosa” è tutto.
Per questo prefigurare un’alleanza con il partito che più di ogni altro ha aderito senza alcun distinguo alle politiche di Monti, l’Udc, comporta automaticamente una strettissima continuità con quelle politiche. Il che è l’opposto diametrale di un’alternativa per l’Italia e per l’Europa.
Per Sinistra Ecologia Libertà diventa quindi fondamentale la perimetrazione del campo del centrosinistra, con l’indicazione precisa di un minimo comun denominatore quanto al che fare. Data per scontata l’esistenza di differenze anche rilevanti all’interno di questo perimetro comune e chiaramente indicato, saranno poi le primarie a dire quale accentuazione il nostro popolo vuole imprimere, recuperando quella parola e quel potere decisionale che gli è stato progressivamente sottratto nell’ultimo ventennio.
Chi oggi non capisce questa realtà e scommette ancora sulle strategie di corridoio, sulle formule algide e astratte, su una politica ridotta a somma aritmetica non condanna solo se stesso all’irrilevanza politica. Reca anche un danno immenso alla sinistra e al Paese. E’, nel senso letterale del termine, irresponsabile.
Francesco Ferrara
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