Degli oltre duemila candidati che parteciparono alla prima selezione dei cosmonauti russi, ne furono selezionati solo venti e Jurij Gagarin era fra questi. La sua avventura cominciò quando fu trasferito al nuovo centro dei cosmonauti nelle vicinanze di Mosca, quello stesso che oggi porta il suo nome. Erano le prime selezioni e gli specialisti sovietici utilizzarono delle prove durissime. La scelta finale fu fatta da Korolev ed i due candidati migliori risultarono Leonov e Gagarin, praticamente alla pari. Leonov alla fine fu escluso perché era troppo alto per le ridotte dimensioni della capsula Vostock. Il maggiore Jurij Aleksejevič Gagarin era ormai vicino al suo appuntamento con la storia.
Nelle prime ore del mattino del 12 aprile 1961 tutto era pronto per il lancio della capsual Vostock (in russo “Oriente”). Dopo la vestizione, Gagarin fu portato in autobus verso la rampa di lancio. Durante il tragitto, forse per la tensione, richiese una fermata non programmata per fare un bisognino. Lo stop, del tutto imprevisto, è diventato uno dei riti scaramantici prima del lancio, insieme a quello di piantare un albero.
Jurij entrò in una capsula minuscola, in cui era quasi impossibile muoversi. Per alleviare l’attesa chiese di ascoltare un po’ di musica, interrotta alle 8:51, quando la voce di Korolev inviò le ultime istruzioni. “Si va!”, urlò Jurij mentre il razzo si sollevava da terra.
Il viaggio di Gagarin fu molto breve. Dopo appena nove minuti, la Vostock 1 entrò in orbita attorno alla Terra. Con una certa emozione, Jurij descrisse lo spettacolo che appariva ai suoi occhi, un’esperienza che nessun essere umano aveva mai fatto prima di lui: “… la Terra è azzurra, vedo le nuvole: è bellissimo!”. Vide la Terra scorrere rapidamente sotto di lui: viaggiava ad oltre 27.000 km/h, una velocità che nessuno aveva mai raggiunto prima. Dopo poco meno di cento minuti di volo, la navicella spaziale fece il suo rientro nell’atmosfera. Gagarin venne espulso col suo seggiolino iettabile, e rientrò a terra col paracadute. Era il primo essere umano che rientrava felicemente sulla Terra dopo aver girato intorno al pianeta.
Per la Russia fu un trionfo. Gagarin aveva dimostrato che l’uomo era in grado di volare oltre ogni limite. “I russi hanno un uomo nello spazio e gli Stati Uniti dormono”, commentarono amaramente i quotidiani statunitensi il giorno dopo. La sua impresa ebbe un eco eccezionale in tutto il mondo. Nel suo paese venne decorato da Nikita Krusciov con l’Ordine di Lenin, e diventò eroe nazionale dell’Unione Sovietica. Nacque così il mito di Gagarin, un autentico eroe per i russi e per tutta l’umanità. Ancora oggi, molti cosmonauti portano il suo nome. Esattamente 40 anni dopo, mi è capitato di viaggiare nello spazio a bordo dello Shuttle Endeavour, fianco a fianco con un altro Jurij: il cosmonauta Lonchakov che non era ancora nato ai tempi del volo di Gagarin.
A distanza di mezzo secolo dallo storico volo di Gagarin si può fare un bilancio dell’esplorazione umana dello spazio. Nei primi anni di vita, i viaggi spaziali avevano raggiunto risultati sorprendenti: meno di dieci anni dopo il primo volo umano, altri uomini avevano messo piede sulla Luna. I nuovi esploratori dello spazio sembravano incarnare il grande fermento politico, economico e sociale di quegli anni, erano gli esempi più fulgidi dei grandi cambiamenti in atto. Milioni di giovani, ed io fra questi, pensavano che sarebbero andati nello spazio durante il corso della loro vita. Sappiamo che le cose sono andate diversamente. Il nuovo millennio non ha visto l’uomo tornare sulla Luna ne, tantomeno, mettere piedi su Marte.
Lo spazio si è dimostrato un ostacolo più difficile del previsto ma soprattutto sono cambiate le priorità della politica. Una volta che la sfida spaziale era stata vinta dagli Stati Uniti, vincitori e sconfitti hanno battuto strade differenti. Da un lato, la scelta è caduta su tecnologie avanzate per brevi missioni spaziali, dall’altro sono stati scelti veicoli più tradizionali abbinati a basi orbitali per lunghe permanenza in orbita: lo Space Shuttle per gli americani, le Soyuz e la stazione Mir per i russi. Ma entrambi i contendenti della corsa allo spazio hanno scelto di consolidare la propria presenza in orbita, rinunciando alla prospettiva di andare oltre la Terra.
Comunque questi anni non sono passati invano. Insieme a europei, giapponesi e canadesi, i nemici di un tempo stanno collaborando, da oltre un decennio, per realizzare la casa comune nello spazio: la Stazione Spaziale Internazionale.
E’ un cambiamento di prospettiva importante che rende concreta la frase riportata sulla targa lasciata sulla Luna dall’Apollo XI: “siamo venuti in pace a nome di tutta l’umanità”.
Se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi decenni è che per esplorare lo spazio dobbiamo mettere insieme le forze migliori del pianeta. Credo che Gagarin sarebbe d’accordo.
Nessun commento:
Posta un commento