martedì 24 novembre 2009
Il buco nero della Ricerca Italiana
di Umberto Guidoni
“Dobbiamo insistere perché ci siano maggiori investimenti pubblici e privati nella ricerca”. Con queste parole il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è tornato oggi sul tema della ricerca in Italia.
Un tema che vede uno scollamento stridente fra le condizioni materiali, in cui si svolge l’attività di ricerca, e la rappresentazione che ne da il Governo Berlusconi e la maggior parte della informazione, ormai a senso unico.
Nelle stesse ore in cui Napolitano lanciava l’accorato appello, un centinaio di lettere di licenziamento venivano recapitate a ricercatori e tecnici precari dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Il presidente dell’INFN, Roberto Petronzio, ha preferito attenersi rigidamente alla burocrazia ministeriale piuttosto che battersi per la qualità delle ricerca, messa a repentaglio da questo massiccio esodo di cervelli e di esperienze.
Già, perché il paradosso è proprio in questa gioco delle parti, messo in scena dai ministri Gelmini e Brunetta. Pubblicamente si indignano perché l’Università e gli Enti di Ricerca non valorizzano il merito e la qualità; nel chiuso del palazzo mettono in campo decreti leggi e codicilli per affossare definitivamente la ricerca pubblica considerata uno spreco, una spesa improduttiva. E allora tagli indiscriminati all’Università, commissariamenti degli enti di ricerca, licenziamento dei ricercatori precari anche per quelle realtà, come l’INFN, che hanno una lunga tradizione di eccellenza in ambito internazionale. Un atteggiamento culturale ed ideologico, prima ancora che una proposta politica, che spiega, ad esempio, la completa assenza del governo all’inaugurazione dell’LHC a Ginevra, la più avanzata macchina per la fisica delle particelle, ormai in fase operativa anche grazie al significativo contributo degli scienziati italiani.
Quest’accanimento nei confronti della ricerca si ammanta spesso di parole roboanti: Brunetta pontifica sulla meritocrazia, sulla mobilità dei giovani ricercatori. Tutte cose che in astratto è difficile contestare, ma che poco hanno a che vedere con il paese reale.
Nel nostro Paese per molti anni, non ci sono stati concorsi: cinque anni della Moratti, uno e mezzo della Gelmini, con in mezzo la meteora Mussi. Alla fine di questi periodi ci sono ricercatori bravi e meritevoli che non hanno mai avuto l’opportunità di un concorso libero. Quando, per molti anni, non si bandiscono concorsi, fermare le stabilizzazioni e licenziare i precari può generare una catastrofe. Brunetta dovrebbe saperlo bene, perché è diventato professore associato con «la grande sanatoria» del 1981.
Oggi, la situazione è ben più tragica. Decenni di politiche episodiche e di riforme approssimative ci consegnano un panorama desolante: tra assegnisti, borsisti, co.co.co e collaboratori a progetto, oltre il 35% del personale impiegato è costituito da ricercatori precari.
Concordo, quindi, con le parole del Presidente Napolitano ma gli investimenti nella ricerca sono solo una parte, anche se importante, del problema. Il rilancio della ricerca italiana deve passare, necessariamente, per la valorizzazione del fattore umano, a cominciare proprio dai ricercatori precari, lavoratori qualificati che svolgono la loro attività professionale in un perenne stato di insicurezza.
Un ricercatore precario è una contraddizioni in termini ed una palese violazione dell’Art. 1 della Carta Europea dei Ricercatori: Gli Stati membri s’impegnino a compiere i passi necessari per assicurare ….. un ambiente di ricerca e una cultura di lavoro favorevoli, in cui gli individui e le équipe di ricerca siano considerati, incoraggiati e sostenuti, e beneficino del sostegno materiale e immateriale necessario per conseguire i loro obiettivi e svolgere i loro compiti. In tale contesto, si dovrebbe accordare particolare priorità all’organizzazione delle condizioni di lavoro e di formazione nella fase iniziale della carriera dei ricercatori, in quanto questa contribuisce alla scelte future e rafforza l’attrattiva delle carriere nel settore della R&S.
Battersi per l’applicazione integrale della Carta dei Ricercatori significa dare, ai nostri giovani, una prova tangibile che questo paese è pronto a scommettere su di loro.
Pubblicato su "Gli Altri"
BUCONERO.EU - il sito dei lavoratori precari INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare)
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