martedì 1 settembre 2009

Alle Regionali tedesche stravince La Sinistra


Sorpresa, vincono i rossi
di Graziella Mascia - da L'Altro (01/09/2009)

Giallo/nero o rosso/rosso? Titolano i giornali tedeschi. La Linke vince, la Cdu perde. E la signora Merkel è avvertita: le elezioni legislative nazionali del 27 settembre si annunciano particolarmente difficili, sia per i risultati del suo partito, sia per la politica delle alleanze.

La Merkel aveva sperato che nelle elezioni regionali del 30 agosto il suo partito potesse confermare la lunga storia di governo in quei Lander, e soprattutto che dalle urne uscissero dei numeri che consentissero alla Cdu di allearsi solo con i liberali. Il voto di domenica, in sostanza, doveva essere una prova per il governo nazionale e la maggioranza nel Bundestag. Invece le cose sono andate diversamente: se queste elezioni rappresentano una tendenza nazionale, cosa di cui sono tutti convinti, i democratici-cristiani per governare devono rifare la Grande Coalizione.

Infatti, in tutti e tre i Lander in cui si è votato la Cdu della Merkel perde voti, con percentuali che arrivano fino al 12% in meno, e rischia di perdere il governo, almeno in due realtà. Mentre in Sassonia può avvalersi dei soli voti liberali per formare la maggioranza, nella Saar e in Turingia non può fare a meno dei voti della Spd. Le trattative sono aperte ma gli esiti dipenderanno dai rapporti a sinistra. Nella Saar il governo rosso/rosso sembra una ipotesi possibile. Si tratta della regione di Oskar Lafontaine, dove egli ha governato dal 1985 al 1998 ma, mentre i suoi rapporti a livello nazionale con il suo ex-partito non sono splendidi, nel suo Land il dialogo è aperto già dalla campagna elettorale. I candidati della Linke sono quarantenni popolari e competenti, con esperienze di governo locale.
E i programmi dei due partiti consentono di lavorare seriamente per definire un programma comune, anche con i Verdi, che la Linke ha già dichiarato di considerare un alleato importante. In Turingia, invece, i numeri favorirebbero la stessa soluzione: i verdi entrano nel parlamento regionale superando lo sbarramento del 5%, e Linke e Spd guadagnano. Una coalizione rosso/verde supererebbe abbondantemente, anche qui, il 50%.

Ma la Spd non ha ancora deciso, anzi, fino a ieri ha dichiarato di non voler governare con la Linke. La ragione non riguarda il programma, ma il governatore, che spetterebbe al partito di maggioranza relativa, cioè alla Linke. Insomma, la Spd dice che non intende riconoscere alla Linke questo evidente diritto di indicare il nome del ministro-presidente e di aprire le trattative.

Una pregiudiziale legata ai posti di governo, prima ancora che ai contenuti, pur sapendo che anche in Turingia i candidati della sinistra hanno caratteristiche di primissimo livello. In ogni caso, la Linke è considerata da tutti il vero partito vincitore, sia per il risultato veramente spettacolare in un Land dell'ovest (21,3% nella Saar), sia perché costringe la Spd a tornare a ragionare sulla sua strategia. Se la Cdu ha bisogno della Spd per continuare a governare, la Spd non se la può cavare semplicemente confermando il governo di grande coalizione.

La crisi del partito socialista europeo non risparmia nessuno, e prescinde dalla collocazione al governo o all'opposizione: il partito socialista francese è impegnato in un confronto interno quasi drammatico, Zapatero prova a fare i conti con la crisi dopo aver sperimentato alcune innovazioni, ora però insufficienti, i laburisti inglesi non sanno più come uscirne da un'eredità come quella di Blair, che viene criticato, a posteriori, anche da cugini italiani come D'Alema e Prodi. La Germania rappresenta un ulteriore test che interroga la socialdemocrazia europea.

Il welfare universalista è considerato il modello di riferimento per paesi come la Cina, gli Stati Uniti e l'America Latina, mentre in Europa si assiste a un lento processo di smantellamento dello stesso. E in ogni caso, da anni non c'è un'idea, un progetto delle sinistre che, non solo si opponga ai processi di privatizzazione, ma ipotizzi uno stato sociale che faccia i conti con le nuove realtà del lavoro, e avanzi proposte alternative alle politiche liberiste e di precarizzazione del mercato del lavoro. A fronte della crisi economica e finanziaria mondiale, l'industria tedesca è quella più robusta, e anche dal punto di vista occupazionale è il paese che sta meglio.

Ma i cittadini tedeschi, con questo voto, ancora una volta mandano un messaggio di sinistra. Forse anche per il sistema elettorale di cui dispone, si può dire che la politica in Germania non è ancora screditata, e il rapporto con le istituzioni è piuttosto solido. Nessuno pensa di doversi arrangiare da solo, come avviene da noi, e, anzi, c'è una idea del bene comune che consente a ognuno di pretendere dallo Stato i servizi che gli competono, e allo stesso tempo sentirsi parte di una comunità nazionale che ragiona su sé stessa.

Il limite, semmai, è proprio nel confine nazionale cui i tedeschi guardano, e non a caso il voto europeo aveva visto un'affluenza al voto molto basso. D'altra parte, la crisi politica europea non aiuta certo un processo di "europeizzazione" dei suoi residenti. Chi non si può permettere un approccio nazionalistico è invece la politica, e nella fattispecie la sinistra.

La dimensione europea è il campo di azione indispensabile, non solo per analizzare i processi sociali e politici, ma anche per tornare a progettare a sinistra. La Linke vince perché ha saputo unire due storie politiche diverse, e il patto Bisky - Lafontaine è fondamentale sia nelle dinamiche interne di gestione del partito, sia nel messaggio unitario che si manda all'esterno. Ma la credibilità di questo partito sta anche nell'investimento che ha fatto nel partito della sinistra europea, di cui Lothar Bisky è oggi presidente, e nella grande apertura che hanno sempre dimostrato nel confronto con gli altri.

I rapporti con le organizzazioni sindacali più di sinistra ( V.e.r.d.i.) e con quelle più storiche (alcuni dei quali arrivati al partito con Lafontaine) ne sono la conferma. Il forte interesse per l'ambiente e l'ecologia, il femminismo, il pacifismo completano il quadro di un partito che ha attraversato un processo di innovazione politica e culturale straordinari, e si misura allo stesso tempo con la formazione di gruppi dirigenti all'altezza del compito.

La loro esperienza di governo, per ora, si limita al livello regionale, ma nella consapevolezza che si tratta di un nodo tra i più scottanti nel dibattito a sinistra. Insomma, i risultati elettorali della Linke ci interessano anche per il contributo che portano nel dibattito a sinistra in tutta Europa. Se si guardano da questo punto di osservazione, anche in Italia le cose potrebbero essere più interessanti.

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