venerdì 11 aprile 2008
per la Sinistra Arcobaleno
Stasera dalle ore 18 fino alle 24 Chiusura della Campagna Elettorale a Piazza Tacito, con panini e musica.interverranno i candidati umbri.
pubblichiamo gli appelli al voto di Giovanni Berlinguer e Fulvia Bandoli
Giovanni Berlinguer
Liste, simboli, schede e leggi elettorali. Questa stranissima campagna elettorale è caratterizzata più dalla forma che dalla sostanza. Alitalia ha cento giorni di sopravvivenza, la Tyssen ricatta i lavoratori, i rifiuti hanno intossicato anche le mozzarelle, la recessione dall’America si avvicina all’Europa, e imperterriti si discute dei contenitori della politica. I voti si chiedono per il partito più nuovo, più moderno, mentre governo e giustizia amministrativa litigano sui simboli e la scheda elettorale fa arrabbiare quanto le liste dei “nominati” che siederanno in parlamento. L’amaro in bocca è profondo. L’antidoto, come ha cercato di fare la Sinistra Arcobaleno, può consistere solo nel parlare di contenuti, del rapporto tra lavoro, rendita e profitto, di laicità e beni comuni, di ambiente e partecipazione. Di legalità e rispetto delle regole. La preoccupazione principale è che questo paese rischia di andare alla deriva per il sommarsi di due fattori, intrecciati tra loro: l’assenza di una politica forte, quella delle idee, dei valori e della cittadinanza, e il venire meno del senso civico, del rispetto dei diritti e dei doveri, del senso dello Stato e delle sue Istituzioni. E’ tutto il paese che deve ricostruire un’etica della cosa pubblica. E anche privata.
La malapolitica è madre ma anche figlia della malafinanza, della malasanità, della malamministrazione e via elencando. L’antipolitica accusa, e ha le sue ragioni, la casta, i partiti e perfino i sindacati. Ma sbaglia chi non associa le sue ire verso i privilegi degli eletti a quelli ancora maggiori dei banchieri e dei manager, ai loro guadagni e ai loro disastri.
Quando si parla di questione morale si pensa subito ai partiti, alla loro ingombrante presenza nella vita pubblica, all’occupazione dello Stato in tutte le sue articolazioni, ma ci si dimentica delle scelte economiche che hanno fatto crescere a dismisura il divario tra il salario dei lavoratori e quello degli amministratori delegati e dei finanzieri. I responsabili dei mutui subprime, dei bond argentini o del crack Parmalat, i campioni dell’industria di Stato che riducono al lumicino l’Alitalia, ma lasciano l’azienda con milioni di euro di liquidazione, hanno profonde responsabilità nel declino morale del paese. L’errore della politica è quello di aver pensato che con l’ingegneria istituzionale, le bicamerali e le leggi elettorali si potessero risolvere i problemi dell’Italia, cucendole addosso un vestito di taglia, stoffa e colore a suo piacimento.
Anziché riformare la politica si è dato spazio in prevalenza alle formule e ai leader, fino ad arrivare alla conferma di una legge che chiama l’elettore solo a ratificare i prescelti dalle segreterie dei partiti. Tutti sembrano rifiutare i voti della criminalità organizzata, ma poi nel centrodestra si recuperano in lista persone inquisite o condannate, si beatifica lo stalliere di Arcore e si va a cena con i boss.
Si è teorizzata la scomparsa delle ideologie ma il risultato sono programmi elettorali, come quelli di Pd e Pdl, che in molti punti si assomigliano e che sono ricchi di “effetti speciali”. Molti partiti, invece di favorire la partecipazione dei cittadini, hanno assunto sempre più connotati clientelari, lontani dalla vita e dai problemi delle persone. Poca morale e troppi interessi, con una frammentazione della rappresentanza e una politica ridotta alle strategie dei capi, che non riesce a parlare ai giovani. Girando per l’Italia, e ascoltandoli, ho percepito invece la crescita di una generazione critica, disponibile ad assumere le proprie responsabilità per il futuro dell’Italia.
Il lavoro, i diritti, i beni comuni (la pace, il sapere, l’ambiente), il futuro dei giovani sono le strade da percorrere per costruire un’etica e una politica vicine alle persone e alla loro vita. Solo così la questione morale non resta invettiva elettorale ma diventa parte di una rigenerazione della democrazia, che altrimenti è destinata a restringersi ulteriormente. Occorre ancora una volta non arrenderci, essere più coraggiosi e farci largo con la forza delle nostre speranze.
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Fulvia Bandoli
Se non si cresce non c’è nulla da ridistribuire. La crescita prima di tutto e il Pil come totem. Questo è il tema della campagna elettorale del PDL ma purtroppo è diventato anche il motivo dominante di quella del PD. Dopo aver rotto con la Sinistra Arcobaleno il Pd si definisce un partito di centro democratico, o semplicemente di centro, come dice Marco Follini che riconosce il Pd come la nuova Dc.
La Sinistra Arcobaleno parte da altri presupposti: una forza politica che vede il mondo e le sue contraddizioni globali ha il coraggio di dire al Paese cosa deve crescere e cosa invece deve decrescere. Devono crescere, ad esempio,i servizi immateriali, i trasporti di merci su ferro e per mare e i mezzi pubblici per le persone, il risparmio energetico e le energie rinnovabili, il salario e gli stipendi, la sicurezza e il ruolo sociale del lavoro, l’agricoltura non modificata, le reti idriche, l’edilizia di manutenzione e di recupero , l’impresa sociale, i diritti. Devono diminuire le rendite, le speculazioni edilizie e finanziarie, l’uso di cemento che ci vede tra i primi Paesi nel mondo, il trasporto di merci su gomma, la dipendenza dal petrolio, il numero di automobili, la chimica più inquinante, le spese per armamenti ( che negli ultimi dieci anni toccano il picco). La chiave di volta è una idea di sviluppo fondata sulla riconversione ecologica di settori importanti della nostra economia. Una diversa concezione dei consumi,dei cicli produttivi e delle merci. Lanciare allarmi sui cambiamenti climatici e sui limiti delle risorse naturali non vale nulla se si rinuncia ad indirizzare lo sviluppo verso altri fini, anche attraverso indirizzi chiari e forti dello Stato in economia. Il cambiamento del modello di sviluppo liberista è il nostro obiettivo e la riconversione ecologica dell’economia è l’insieme di riforme da mettere in campo per conseguirlo. Spesso la Sinistra non ha saputo vedere quanta giustizia sociale passi attraverso la riconversione ecologica, e ha sbagliato. Proviamo a pensare all’acqua. Di quale giustizia sociale si può mai parlare in un mondo nel quale una parte enorme di persone non ha accesso all’acqua? Che l’acqua resti un bene comune, un diritto, e che la gestione delle reti resti pubblica è una scelta precisa, di sinistra, redistributiva, antiliberista. Il Pil misura in modo indifferenziato la produzione di un Paese, non ci parla degli squilibri. Il Pil non misura i diritti e non li garantisce, non riequilibra le risorse, non ci parla di democrazia, non si cura della sicurezza sul lavoro, non ci dice che stiamo consumando troppo territorio agricolo, che cementifichiamo le coste ( vera risorsa per un turismo di qualità), che abbiamo il 40 per cento di acqua che si disperde . Il Pil è un indicatore nudo e crudo.
Lo consideriamo, ma non è la bussola della Sinistra. A noi interessa il benessere economico netto . Il disco rotto della crescita indifferenziata gira sulla piastra da molti anni. E da molti anni nulla di buono cresce. Noi lavoriamo invece per l’aumento della qualità sociale e ambientale dello sviluppo. Questo è un pezzo del nostro programma, un tratto della cultura politica della Sinistra che vorrei.
Quella di oggi è una sinistra unita in una lista elettorale, un passo avanti non scontato, un primo segnale. Quella di domani dovrà essere una nuova forza politica. Oggi non stiamo insieme perché ci sono le elezioni. Stiamo insieme perché è nato il Pd. La nostra proposta politica, culturale, programmatica non si ferma al 13 Aprile. Dopo il voto non possiamo riporre il simbolo in un armadio e tornare ognuno nei propri perimetri precedenti. Ci è toccato un compito: ricostruire una Sinistra in questo paese. E’ una sfida enorme e di frequente misuro la mia inadeguatezza. Confido però in quell’ agire politico collettivo che altre volte ha superato le nostre singole e umane debolezze. Ma dopo il voto non basterà neppure restare insieme….dobbiamo traformarci in una Sinistra popolare, radicata socialmente, plurale nelle sue culture, aperta alla partecipazione e democratica nelle decisioni, capace di una cultura che si misuri con le contraddizioni dello sviluppo e che sappia proporre soluzioni alternative e credibili. Coloro che guardano alla Sinistra Arcobaleno, e che la votano , vogliono partecipare ad un progetto, contribuire alla costruzione, mettersi in gioco. Trovo dunque molto azzeccata l’idea di ritrovarci a Firenze il 19 Aprile e ringrazio Ginsborg e tutti coloro che l’hanno proposta.
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