da Aprileonline 27marzo
"Io davvero credo che ci sia una possibilità di vincere. Tuttavia se è decisivo vincere è altrettanto decisivo impiantare nella storia italiana una grande forza riformista e democratica, che si attesti attorno al 35%. Sarebbe una rivoluzione con cui tutti dovrebbero fare i conti, al di là del risultato delle elezioni". Questa la frase "incriminata" nell'intervista rilasciata da Goffredo Bettini al "Corriere della Sera". Un passaggio che ha offerto la possibilità di varie interpretazioni e numerosi commenti, tra cui quello della "Velina rossissima", quotidiano online della Sinistra Arcobaleno, che coglie al volo l'occasione per definire le parole di Bettini come "una ammissione preventiva di sconfitta". L'intervento-web prosegue tagliente: "Uno intelligente come Nicola Latorre ha capito subito, smentendo sonoramente Bettini e dichiarando che l'obiettivo è vincere, non arrivare secondi". Se infatti l'obiettivo fosse realmente quello di "perdere bene", cadrebbe del tutto il tormentone del voto utile: "Gli elettori di sinistra devono scegliere tra due tipi di opposizione -prosegue il "Velino"-: quella "riformista" del Pd, nel quale militano esponenti come Calearo e Colannino che non farebbero fatica a votare alcuni provvedimenti economici del governo Berlusconi, o quella della Sinistra, che mai ovviamente si sognerebbe di avallare un rafforzamento della legge 30 o le riforme istituzionali di Bossi o ancora lo sciopero fiscale legalizzato".
Ecco perché secondo la voce di SA "appare del tutto fallimentare la strategia semi-solitaria del Pd. Non farà vincere le elezioni, come Bettini indirettamente ammette, ha diviso l'Unione e renderà difficile costruire una opposizione unitaria a Berlusconi. La replica di Latorre -si conclude in forma sospettosa- forse prefigura scenari da notte dei lunghi coltelli dopo le elezioni, all'interno del Pd, se Veltroni non dovesse vincere".
Intanto prosegue sempre più serrata al guerra dei sondaggi, rimpinguata dall'ultima rilevazione sulle intenzioni di voto realizzata da Coesis Research, pubblicato da un altro quotidiano online, Affaritaliani.it. Sarebbero sei i punti di vantaggio del Pdl sul Pd, con un forte recupero della Sinistra Arcobaleno (8,5%). Il sondaggio rivela che il Popolo della Libertà, con l'aggiunta della Lega Nord, si attesterebbe al 43%, cioè in calo di circa un punto rispetto alla media degli altri rilievi; mentre il Partito Democratico con l'Italia dei Valori ottiene il 37%. All'interno delle singole coalizioni, il Pdl raggiungerebbe il 37,5% (Lega Nord 5,5%), rispetto a un Pd che al momento si assesterebbe intorno al 34% (Idv 3%).
Indicazioni importanti, visto che di tutti questi numeri cominceremo (finalmente) a fare a meno a partire dal prossimo sabato 29 marzo 2008 fino alla chiusura dei seggi elettorali, in base al divieto di pubblicazione e/o diffusione dei sondaggi politici ed elettorali sull'esito delle elezioni, come ricordato dall'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni in una nota. Per i curiosi della giurisprudenza, lo stop ai sondaggi è una disposizione contenuta nell'articolo 8 della legge 22 febbraio 2000, in pratica quello sulla par condicio, oltre che dagli articoli 15 della delibera n.42/08/ del 4 marzo 2008, e 23 della delibera n. 34/08/ del 29 febbraio 2008, approvati dalla commissione Servizi e prodotti dello stesso organismo di garanzia. Regole ben definite, dunque, che come ben sappiamo negli ultimi anni molti leader politici, in particolare Silvio Berlusconi, hanno interpretato e più o meno rispettato "all'italiana", vale a dire in base al loro tornaconto.
Ad ogni modo, gli ultimi rilevamenti hanno in un certo senso rilanciato la sfida (che per molti sfida non è), alimentata inoltre dalla mossa veltroniana di coinvolgere un milione di persone, il cosiddetto popolo delle primarie, nell'ultimo rush della campagna elettorale, con l'intento di convincere il più alto numero possibile di indecisi.
E forse è anche per mobilitare gli incerti, che nella stessa intervista Bettini dichiara chiusa la fase del fair play, ricordando che "il solo che ha avuto la sfrontatezza di candidarsi per cinque volte è stato Jean Marie Le Pen". Poi cita il Wall Street Journal: "Se torna Berlusconi è un disastro per gli italiani".
Gli unici a non averlo ancora compreso sembrano essere buona parte degli italiani stessi. Probabilmente la maggioranza. Lo scopriremo tra un paio di settimane.
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