mercoledì 14 luglio 2010
Corleone, tra i contadini volontari nelle terre confiscate alla mafia
Organizzati dall'Arci e sostenuti dalla Unicoop tirreno, migliaia di giovani ogni anno decidono di partecipare a missioni volontarie di aiuto alle cooperative impegnate nei terreni confiscati a Cosa Nostra
di CARLO CIAVONI
Corleone, tra i contadini volontari nelle terre confiscate alla mafia Giovani volontari nelle campagne di Corleone
CORLEONE - Si sceglie di schierarsi da una parte e non dall'altra, da queste parti. E lo si fa con una certa fatica, perché se l'idea che spinge migliaia di giovani da tutta Italia a venire qui a lavorare nei campi confiscati a Cosa Nostra, per dimostrare che un'altra Italia è possibile, l'obiettivo di sintonizzare sulla stessa lunghezza d'onda l'intera comunità cittadina, è ancora lontano. E comunque si suda tutti i giorni per zappare, sfoltire erbacce, legare viti. Ma si vede che la stanchezza fisica si stempera con la forza delle idee, che ormai hanno messo radici nella coscienza di ragazzi di tutta Italia, poco più che adolescenti, che arrivano qui di continuo, organizzati dall'Arci e sostenuti dall'Unicoop Tirreno. Spesso anche un po' emozionati per occupare le stesse stanze dei boss mafiosi, e un po' con la voglia di partecipare ad un riscatto morale e civile, che acquista un valore enorme, in un luogo-simbolo come questo, dominio assoluto dei Riina e dei Provengano.
"L'antimafia nei fatti". Insomma, scegliere Corleone per un'esperienza di vita così forte e densa di emozioni, per giovani di 16 - 18 anni, è di per sé un buon indizio di crescita e di maturazione. "Soprattutto se con gli atti concreti quotidiani si riesce ad andare al di là dei simboli e dell'antimafia ideologica", così dice Calogero Parisi, corleonese doc, presidente della Cooperativa Lavoro e non solo", che occupa un palazzetto nel centro della città, confiscato ai nipoti di Totò Riina. "Il lavoro nei campi - aggiunge Parisi - è però un'altra partita, rispetto a quella altrettanto importante e simbolica dello stare qui, con la nostra presenza visibile e colorata dalle nostre bandiere. L'altra sfida è infatti dimostrare alla gente che un sistema diverso di rapporti si può praticare, ci si può liberare dal cappio dell'economia mafiosa per decidere, una volta per tutte, di far crescere il germe di un'economia sana, fuori dalle logiche prepotenti di Cosa Nostra".
Voglia di economia pulita. Maurizio Pascucci, direttore del progetto "Liberarci dalle spine" della Cooperativa "Lavoro e non solo" tiene a precisare che "stare dalla parte dell'antimafia a Corleone significa prima di tutto provare a convincere con fatti visibili che combattere Cosa Nostra conviene a tutti, soprattutto se la battaglia si fa con gli strumenti dell'economia pulita, quella delle regole condivise e che, come facciamo noi qui, accorcia le filiere commerciali per proporre prodotti alimentari non solo buoni, ma anche eticamente sani". Ma se i prodotti, come dice Pascucci sono buoni ed "etici", non è semplice farli essere anche competitivi.
Il ruolo della Confindustria. "Perché questo avvenga - aggiunge il direttore del progetto che coinvolge i giovani - avremmo bisogno di un diverso rapporto con la Confindustria che, se solo volesse, potrebbe permettere alla nostra cooperativa di avere tre vantaggi. Primo: economie negli acquisti di materiali di confezionamento e imballaggio, come il vetro, i tappi, le etichette, i cartoni. Secondo: potrebbe garantire l'eticità dell'azienda fornitrice, capace di rispettare la qualità del lavoro e quindi escludere aziende con qualsiasi rapporto, diretto e indiretto, con la criminalità organizzata. Terzo: potrebbe promuovere un fatturato locale, che s'inquadri nel concetto di filiera corta e sviluppo economico territoriale".
Dormire nella casa di Riina. La giornata tipo del giovane agricoltore volontario sui terreni sequestrati ai mafiosi comincia molto presto. Torneranno a casa e nella loro scuola racconteranno, ad esempio, dell'incontro con Elisabetta Baldi Caponnetto, fondatrice dell'omonima fondazione, che porta il nome di suo marito, e che spesso fa visita in queste zone. Racconteranno le esperienze e le emozioni provate per aver dormito negli appartamenti della famiglia Riina e dopo la visita nella villa del "capo dei capi" , oggi occupata dalla caserma della Guardia di Finanza di Corleone.
I diari dei giovani. Intanto, ogni giorno scrivono un diario. Eccone uno: "Caro Diario, un altro giorno è passato e come sempre ci siamo svegliati prestissimo per aiutare i soci della cooperativa, lavorando assieme a loro nei campi. Da tre giorni rincalziamo i pomodori sotto il sole che scotta. Prima di rientrare per il pranzo, alcuni di noi sono saliti sulla mietitrebbiatrice, mentre lavorava in un campo di lenticchie. Tornati a Corleone abbiamo pranzato e siamo subito partiti per Palermo per raggiungere Via D'Amelio, luogo dell'eccidio di Paolo Borsellino e della sua scorta. In suo onore è stato piantato un ulivo, proveniente dalla Palestina, sul quale è possibile lasciare un piccolo pensiero dei visitatori. Ed è ciò che noi abbiamo fatto, a nome della cooperativa. Poi visita alla Vucciria e la sera cena assieme a quattro volontari francesi, che resteranno qui per aiutare nei campi".
Ma non è tutto semplice. "Vista così - dice ancora Pascucci - sembra che tutto fili liscio come l'olio. E' vero, tutto va benissimo, abbiamo richieste di centinaia di ragazzi da tutta Italia per venire qui a dare una mano a questa cooperativa che dà da mangiare a dodici persone. Ma non è stato sempre così. Il nostro ingresso in questa realtà non è stato facile." E gli esempi non mancano, anche perché l'ostilità nei confronti delle cooperative che nel corso degli anni hanno preso possesso delle terre confiscate, è ai massimi livelli. "Del resto, lo stesso Bernardo Provengano in uno dei suoi pizzini, scritti durante la sua lunga latitanza, raccomandava i suoi di costituire quante più cooperative possibili, proprio per riappropriarsi di quei beni". E così è stato, infatti. C'è il caso dell'agriturismo fasullo, finito nelle mani di una cooperativa a dir poso sospetta, istituita evidentemente solo per rientrare in possesso di un bene che apparteneva a mafiosi".
La mafia sa come reagire. Finita l'esperienza della prima cooperativa, la struttura che ospitava l'agriturismo sospetto viene assegnata a "Lavoro e non solo". Ma le chiavi le aveva un cancelliere del Tribunale di Trapani, che però non riusciva a venire a Corleone per consegnare ufficialmente l'edificio perché - diceva - di non avere i soldi per la benzina. La situazione si è poi sbloccata, ma dopo poco tempo, dall'agriturismo è stata portata via, di notte, l'intera cucina del ristorante.
Gli esempi evidenti. Come quello di un altro edificio costruito per ospitare il centro ortofrutticolo. E' chiuso da due anni, mai usato. Nessuno porta lì la frutta da vendere, perché la merce segue due altri flussi di mercato, molto probabilmente gestiti dalla mafia, che portano i prodotti a Palermo e Villabate.
E ancora: Il centro artigiano di Corleone, costruito e pronto all'uso, è nuovo e desolatamente deserto. Ci sono una cinquantina di spazi destinati a falegnami, vetrai, tappezzieri, che nei nuovi spazi avrebbero a disposizione spazi più adeguati alle loro attività.
La voce del sindaco. Il giovanissimo sindaco di Corleone, Antonino Iannazzo, Pdl e "finiano", viene indicato come un alleato leale dal movimento cooperativo, che ruota attorno ai beni confiscati alla mafia. Racconta della sua rabbia con il prefetto di Palermo quando il figlio di Totò Riina, Giuseppe Salvatore, venne scarcerato nel febbraio del 2008. "Vedendolo camminare tranquillamente per le strade di Corleone, ossequiato da molti, ho pensato al messaggio che quella presenza portava con sé per la città. Un messaggio di sconfittaper le istituzioni e, dunque, la diffusione dell'idea che a vincere sono comunque sempre loro". Undici mesi più tardi, nel gennaio del 2009 "Salvuccio" riina venne arrestato di nuovo per scontare tre anni di pena residue all'Ucciardone.
"Quel nome che brucia". Il sindaco Iannazzo sembra avere una spiegazione sul mancato utilizzo delle strutture per il mercato ortofrutticolo e degli spazi per l'artigianato. Dice: "C'è oggettivamente una crisi che impedisce a molti piccoli imprenditori di affrontare le spese di un trasferimento. Nel caso del centro ortofrutticolo - ha detto il sindaco - sono certo che la ragione è questa. Per quanto riguarda il centro artigiano - ha aggiunto - le spiegazioni potrebbero essere anche altre. Non va dimenticato che a quel luogo è stato affibiato un nome 'pesante': quello di Libero Grassi. Un nome-sinbolo, che qui ancora brucia".
da "repubblica.it"
un gruppo di 8 volontari ternani parteciperà ai Campi di Corleone
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