sabato 27 febbraio 2010

Ecorecuperi, luce su un disastro dimenticato


di Giorgio Frasca Polara

IL CASO. Un’interrogazione parlamentare e la magistratura delineano un quadro inquietante sull’incendio dello scorso anno nell’azienda ternana e sulla gestione successiva all’evento.

Ma quali sono le reali dimensioni del disastro ambientale provocato – Terra ne ha riferito più volte – dall’incendio divampato alla Ecorecuperi di Vascigliano di Stroncone (Terni) nel luglio dello scorso anno? L’impresa era impegnata nel trattamento dei rifiuti su carcasse “bonificate” di autoveicoli. E l’incendio ha distrutto proprio enormi quantità di “fluff”, così si chiama il materiale plastico derivante dalla frantumazione di auto e camion stoccato all’interno dello stabilimento. Ebbene di questo materiale ce n’era, nei capannoni dell’impresa, per 6.929 tonnellate rispetto alle 3.200 consentite dalla concessione!

Quali siano effettivamente le dimensioni, e perché tanto silenzio, hanno daccapo chiesto di sapere, in una interrogazione al governo (Ambiente, Lavoro, Salute, Interno) i sei deputati radicali del gruppo Pd anche alla luce delle gravi accuse mosse dalla magistratura umbra a conclusione di una prima fase dell’inchiesta sul disastro: ben centotredici interventi dei vigili del fuoco nei quarantotto giorni prima che tutti i focolai dell’incendio fossero spenti. Su disposizione del Gip del tribunale di Terni, Maurizio Santoloci (che ha accolto le richieste del sostituto procuratore Elisabetta Massini), sono state richieste misure cautelari di diversa portata nei confronti del sindaco di Stroncone Nicola Beranzoli; dell’imprenditoire e presidente della Cassa di risparmio di Terni e Narni, Terenzio Malvetani; del direttore del dipartimento provinciale dell’Arpa, ing. Adriano Rossi: e del titolare della Ecorecuperi, Massimo Scerna.

Le accuse vanno dall’incendio colposo alla produzione e alla commercializzazione di alimenti avvelenati da diossina, dal favoreggiamento di interessi economici di privati (il figlio di Malventani è proprietario di un agriturismo ad appena tre chilometri dalla Ecorecuperi) alla falsificazione seriale e sistematica della realtà dei danni ecologici, “creando – sottolineano i sei radicali – disinformazione sulle gravissime e probabilmente non completamente note conseguenze del disastro”. Perché anche la commercializzazione di alimenti (per animali e per umani) avvelenati? Per un effetto di risulta: grazie alla sottovalutazione dolosa degli effetti dell’incendio, decine e decine di aziende agricole di un vasto circondario a cavallo di Umbria e Alto Lazio hanno prodotto e venduto inconsapevolmente alimenti inquinati.

Non a caso nella ricostruzione dei fatti firmata dal pm Massini e accolta dal gip si parla di una sorta di cupola il cui unico intento a posteriori sarebbe consistito nel minimizzare, per evidenti tornaconti, l’allarme-diossina; e che per questo la stessa cupola avrebbe agito con pressioni, contatti, rilevazioni pilotate e del resto testimoniate anche da sei mesi di intercettazioni telefoniche. Sempre secondo le accuse, a causa delle blande ordinanze emanate dall’amministrazione comunale d’intesa con l’Arpa, la popolazione (soprattutto di Stroncone, Narni, Configli e della stessa Terni) avrebbe continuato a nutrirsi di alimenti contaminati, bevendo latte inquinato (da fieno ed erbe inquinati), mangiando carne di animali contaminati da diossina, nonché a vendere propri prodotti inquinati, ortofrutticoli soprattutto.

Ora, dunque, i deputati radicali (Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Fareina-Coscioni, Mecacci e Maurizio Turco) chiedono che si faccia chiarezza chiedendo l’intervento dell’Istituto superiore della sanità. Accertamenti mancati? C’è la prova provata dell’irresponsabile assenteismo del governo: tre mesi fa, giusto sulle conseguenze del disastroso incendio alla Ecorecuperi, quattro deputati del Pd (Trappolino, Sereni, Verini e Bocci) avevano chiesto alla ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo perché mai il suo dicastero non avesse provveduto al riconoscimento formale del “danno ambientale” provocato dall’incendio e, di conseguenza, al necessario – e prescritto tassativamente dal decreto legislativo n.152 del 2006 – intervento finanziario per avviare e sostenere le procedure di bonifica e di salvaguardia ambientale di tutta l’area investita dai fumi velenosi, com’era stato chiesto nel corso di una riunione presso la Regione Umbria tra tutte le istituzioni e le autorità locali.

Già in quella sede era stata formulata una grave denuncia rimasta senza seguito: che la Ecorecuperi (proprio un nome, una garanzia ecologica) non solo ha enormi responsabilità per quanto è accaduto, ma anche per il dopo-disastro: è inadempiente sia per quanto riguarda la messa in sicurezza dell’area, sia per quel che riguarda la rimessa in pristino dello stato dei luoghi attraverso l’eliminazione dei rifiuti ancora presenti e che l’Arpa-Umbria aveva catalogato come “rifiuti pericolosi” (codice Cer 191211*).

Ora attenzione: le aziende agricole e zootecniche danneggiate sono 83, per danni quantificati in un milione e 150mila euro. A dicembre era stato chiesto alla Prestigiacomo: quali sono le intenzioni del ministero? Che cosa aspetta ad avviare le procedure di bonifica e di salvaguardia ambientale? Altri mesi sono passati, una seconda interrogazione è stata presentata, ma non c’è traccia di risposte. Con tanti (sgarbati) saluti al poteri ispettivi del Parlamento.

da www.terranews.it

SEL TERNI su Ecorecuperi
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