sabato 9 gennaio 2010

Due volte vittime


Quella che sta vivendo Rosarno in questi giorni può definirsi una tragedia annunciata. Due “balordi” (ma chi può assicurare estranei alle ‘ndrine locali?) prendono di mira, a bordo di un’auto, alcuni immigrati con un fucile ad aria compressa, sparano e ne feriscono due. Era già successo un episodio del genere, in circostanze ancora più gravi, poco più di un anno fa. Gli immigrati, che vivono e lavorano in condizioni inumane e degradanti, sentendosi bersagli inermi si rivoltano. Danni e violenze si susseguono e il clima diventa incandescente. Auto e vetrine distrutte da un lato, colpi di fucile esplosi da un balcone e sembrerebbe altri immigrati feriti dall’altro. In mezzo cariche della polizia e arresti, tensione e preoccupazione che la situazione possa ulteriormente degenerare. Anche questo era in parte successo ed è raccontato in un libro “Gli africani salveranno Rosarno…e, probabilmente, anche l’Italia” (edito da terrelibere.org nel febbraio 2009) che descrive precisamente la polveriera che è diventata la piana di Gioia Tauro e i rischi che essa determina.
Risultano per questo ancora più gravi e irresponsabili, oltre che ipocrite, le dichiarazioni del Ministro degli interni, Maroni, che commentando la situazione di Rosarno parla di “eccesso di tolleranza nei confronti dell’immigrazione clandestina”. Benzina sul fuoco invece che l’impegno ad operare per riportare la calma, garantire la sicurezza di tutti (immigrati e cittadini di Rosarno), colpire i responsabili degli atti che hanno innescato l’escalation, intervenire subito per favorire condizioni di vita e di lavoro più dignitose.
Gli immigrati di Rosarno sono doppiamente vittime: della ‘ndrangheta che li sfrutta e delle leggi sull’immigrazione volute dal centrodestra che li condanna alla clandestinità, consegnandoli così ostaggio dei loro sfruttatori. Sono anni, infatti, che migliaia di immigrati vengono reclutati per la raccolta di agrumi nella Piana per 20-25 euro al giorno dai “caporali” della zona, che sono ritornati ad un mestiere antico e che si sperava debellato per sempre. E proprio perché clandestini, senza diritti e identità, invisibili per le istituzioni e abbandonati a se stessi. Si è preferito far finta di non vedere e non sapere, girare la testa dall’altra parte invece che affrontare la situazione. Il comune, sciolto per mafia, così come le altre istituzioni si sono trincerate dietro burocratiche inerzie e il drammatico paradosso del “sono clandestini quindi non esistono..”. Si raccoglie in queste ore, tra gli agrumi di Rosarno, uno dei frutti più avvelenati della politica sull’immigrazione del Governo.
Rosarno, periferia d’Italia, fa tornare alla mente la rivolta delle banlieue di Parigi e i suoi sans papier. Ma proprio perché non è da oggi che gli immigrati si trovano a Rosarno bisogna ricordare che non è sempre stato così. Quando a Rosarno c’era il sindaco antimafia del centrosinistra Peppino Lavorato, il comune operava quotidianamente – pur tra mille difficoltà - per l’integrazione e il dialogo, per l’accoglienza e la solidarietà. E la situazione non è mai arrivata ai livelli di gravità degli ultimi anni.
Ora bisogna intervenire con urgenza e saggezza per evitare che si inneschi una spirale ancora più drammatica: occorre presidiare il territorio per evitare violenze e garantire l’incolumità di tutti, operare per riaprire un dialogo tra cittadini e immigrati, dare risposta ai più elementari bisogni (dalle condizioni igieniche a quelle sanitarie..) dei migranti presenti, colpire gli sfruttatori e coloro i quali hanno fatto partire questa tragica spirale di violenza. E occorre forse porsi una domanda: come mai, tutto questo, è accaduto proprio ora che l’attenzione nazionale era concentrata su Reggio Calabria e sull’attentato messo in atto dalla ‘ndrangheta alla Procura del capoluogo? Non so quanto insperato e inatteso ma certo questo si è rivelato un aiuto prezioso per distogliere l’attenzione dalle cosche della provincia.

Nuccio Iovene
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