giovedì 17 dicembre 2009
Difesa della Democrazia e Alternativa
La costruzione di Sinistra Ecologia e Libertà è chiamata a cimentarsi con un tornante classico, e irrisolto, della storia del nostro Paese: il rapporto tra questione democratica e alternativa.
Gli avvenimenti di questi giorni lo ripropongono tutto intero. Proviamo dunque a metterli in fila. C’è una accelerazione del conflitto aperto dal Presidente del Consiglio con le altre cariche istituzionali e un pressing esplicito per uscire dal quadro costituzionale. C’è una risposta concentrata sulla sua figura, tesa a sottolinearne la delegittimazione, e che vede confluire da ultimo nel no Berlusconi day le forze della borghesia avversa al Cavaliere, il partito di Repubblica, il giustizialismo di Di Pietro, settori del Pd, sinistre in difficoltà, il tutto legato dalla mobilitazione della rete. C’è da parte della maggioranza del PD una ricerca di “fronte democratico”, tutta rivolta prevalentemente verso il centro che, a sua volta, evoca settori dissidenti della destra. Queste due opzioni da un lato collidono sulle forme della opposizione da praticare ma al contrario colludono nella mancanza di una alternativa reale alle politiche di cui il governo è portatore. Le conseguenze di questo stato di cose sono evidenti e negative. La drammatica aggressione al Premier ha già modificato il senso comune della fase. Devo dire per altro che mi colpiscono sì le strumentalizzazioni ma al pari di esse l’incapacità di separare veramente l’uomo dal simbolo e dalle politiche e di esprimere anche per questa via una idea veramente non violenta. Ma le difficoltà non stanno solo nell’avvenimento imprevisto ma si palesano in ogni passaggio impegnativo. Prendiamo ad esempio il caso Puglia dove la strategia dalemiana dell’accordo prioritario con l’UDC si dispiega in forme tali per cui l’alleanza che si vuole costruire per difendere la democrazia e “cacciare” Berlusconi, quella con l’UDC, vorrebbe esordire con la “cacciata” di Vendola. Come ciò possa servire anche solo a vincere le regionali in Puglia è difficile capirlo; come è già difficile capire come la cacciata di Vendola dovrebbe riunire le due opposizioni, quella PD-UDC e quella giustizialista di Di Pietro. Certo ogni accordo di potere è possibile se prescinde dal quadro programmatico. E qui le questioni pugliesi sono uno spaccato di quelle nazionali, dalla privatizzazione dell’acqua, alla questione nucleare, a quella dei diritti civili. Tutte questioni su cui l’orientamento dell’UDC è particolarmente pesante e su cui perciò si misura il rapporto tra collocazione politica e programmatica delle altre forze. Si può stare insieme a prescindere? Anche Ferrero è tornato a riproporre questa scissione tra difesa democratica e alternativa programmatica dicendosi disposto alla prima ma fuori da ogni orizzonte di governo. Ferrero continua a non vedere che le difficoltà, e il fallimento, del Governo Prodi non sono purificate dalla collocazione all’opposizione. Le difficoltà drammatiche della opposizione di oggi sono in perfetta continuità con quelle dell’allora governo. Sono le difficoltà a dare risposte adeguate ed alternative ad una condizione di crisi. Senza di esse questa crisi, tutt’altro che alle nostre spalle, è destinata ad acuire i processi di degrado in cui si alimentano politiche populiste e reazionarie. Non bisogna perdere di vista che tutto il processo di globalizzazione ha eroso buona parte delle acquisizioni sociali e democratiche del compromesso progressivo nato nel mondo del secondo dopo guerra. Tanto più non bisogna farlo in un Paese come l’Italia dove questo compromesso progressivo è stato particolarmente fragile e più forti sono da sempre le pulsioni reazionarie. Nel Paese che, come seppe bene analizzare Gramsci, vede ricorrenti pratiche di sovversivismo dall’alto delle classi dirigenti prodotte da una modernità perversa e impastata con poteri antichi e trasformisti, il rapporto tra questione democratica e questione dell’alternativa non è scindibile. Ma nonostante l’avvertenza gramsciana, i comportamenti delle sinistre nel secolo hanno drammaticamente ripercorso gli stessi errori, infrangendosi ora sulla Scilla del settarismo ideologico, ora sul Cariddi dell’omologazione. Drammatica la storia dell’avvento del fascismo con l’opposizione divisa tra aventinismo e socialfascismo. Drammatica la storia degli anni ’70 dove la volontà di perseguire con il compromesso storico cambiamenti senza avventure produsse alfine avventure senza cambiamenti. Ma anche l’incapacità dei due Governi Prodi di bonificare il Paese dal “berlusconismo” ci parla di una incapacità a prospettare una reale alternativa ad esempio a livello di una Europa fuori dalle attuali secche, in cui realizzare finalmente una reale emancipazione del Paese. Emancipazione non semplicemente da arretratezze e anomalie ma da una particolare degenerazione della modernità che a volte anticipa fenomeni che poi colpiscono anche altri, come fu per il fascismo. SEL deve provare a interrompere questi ricorsi storici. Deve cercare di tenere insieme difesa democratica e alternativa programmatica. Un lavoro difficilissimo se pensiamo alle forze in campo. Innanzitutto quelle delle destre che nuotano nella disgregazione sociale forti di proprie idee di società. Ma poi per la debolezza, le divisioni e gli opportunismi delle sinistre e delle forze democratiche. Il dipietrismo entra dentro queste debolezze con l’idea di chiudere con la dialettica destra-sinistra. Assomma temi e istanze fuori da ogni progetto di alternativa di società cercando di sfuggire, come in Puglia, o come nell’esperienza di Di Pietro ministro, ad ogni verifica di coerenza. Bersani e Ferrero, scindendo democrazia ed alternativa di programma, lo lasciano fare. Tocca a SEL provare a cambiare il corso delle cose.
Roberto Musacchio
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