SL tra livello nazionale e territori
di Fulvia Bandoli
Se leggiamo i documenti usciti dalle tante assemblee regionali, provinciali e cittadine promosse da Sinistra e Libertà quel che colpisce è che parlano tutti lo stesso linguaggio, chiedono tempi certi per il percorso costituente e la definizione della data del congresso, l’inizio delle adesioni alla costituente subito dopo l’assemblea del 20 settembre, una tappa intermedia a Dicembre/Gennaio che riunisca gli aderenti a quella data e che discuta le linee dello Statuto e dei principi fondativi il nuovo soggetto politico, la presentazione del simbolo di Sinistra e Libertà in tutte le Regioni alle prossime elezioni regionali (senza diritto di veto di chi riterrà di fare una scelta diversa), e organismi di dirigenti che garantiscano tutto il processo e che siano formati non solo dai rappresentanti dei piccoli partitini che hanno dato vita alla lista elettorale ma soprattutto da persone che siano l’espressione di movimenti, territori, esperienze significative.
Credo che difficilmente l’assemblea di Napoli potrà prescindere da questi pronunciamenti, perché quelle assemblee raccolgono la parte più impegnata di ciò che è oggi Sinistra e Libertà, l’inizio possibile di una nuova comunità di donne e di uomini (come ha giustamente scritto Lisa Clark). Ma in quelle assemblee, io ne ho fatte alcune, ho colto anche un po’ di diffidenza: troppe sono state le occasioni mancate, ultima tra tutte l’assemblea dell’Ambra Iovinelli. Che si svolse dando voce a tante e tanti e si chiuse poi senza alcun impegno certo.
La diffidenza dunque si spiega guardando la nostra piccola storia, fatta di tante partenze e ripartenze e di nessun approdo certo.
Mentre nei territori si tenevano queste assemblee e anche diverse feste e incontri politici (sostenute da un lavoro volontario prezioso e generoso) il livello nazionale era invece ripiombato nel silenzio più totale. Salvo la lodevole iniziativa di proporre prima dell’estate una consultazione sulle possibili campagne politiche da fare nel paese. Anche se a posteriori io credo che le nostre poche forze vadano concentrate soltanto su di una campagna o due al massimo (è partita giustamente quella sulla scuola pubblica) . Così possiamo caratterizzarci, crescere, ottenere visibilità e credibilità, e forse qualche risultato. Non possiamo pensarci e agire come se fossimo ciò che ancora non siamo, non siamo una grande forza politica e non possiamo “stare” su tutto, una iniziativa insistita e puntuale, con gesti e pratiche politiche innovative può essere più efficace di un programma onnicomprensivo che in questo momento non siamo in grado di portare avanti.
Il silenzio estivo “del livello nazionale” hanno detto in molti è dovuto alla mancanza di soggettività politica. Concordo. Ma perché vi sia una soggettività politica devono esserci analisi condivise della realtà e delle possibili soluzioni ai problemi, intenzioni comuni sulla prospettiva, un gruppo dirigente con incarichi definiti, sedi chiare e frequenti di discussione e confronto delle idee. Così non è stato e l’assemblea del 20 settembre dovrà rimuovere anche questo limite, o almeno creare le condizioni perché ciò avvenga.
Un altro ostacolo è nelle nostre teste e nelle nostre pratiche politiche, noi che non siamo mai stati “partiti” nel senso tradizionale del termine (perché Sinistra Democratica , i Verdi e il Movimento per la Sinistra sono movimenti e non piccoli partiti) siamo andati assumendo via via i modi di fare e i difetti peggiori dei partiti, il verticismo esasperato, la mancanza di partecipazione, l’assenza di luoghi di discussione e soprattutto la mancanza di qualsiasi decisione attraverso un voto democratico. Dobbiamo recuperare l’intenzione originaria che ci muoveva tutte e tutti e buttar giù muri e muretti, sentirci ed essere di Sinistra e Libertà, abbandonare le altre appartenenze che ritroveremo unite insieme nel nuovo soggetto politico. Molti dei nostri elettori lo hanno fatto votandoci, tanti nei territori lo fanno nel lavoro quotidiano, adesso è tempo che lo facciamo anche noi, tutti i dirigenti dei cosiddetti “partitini”, mettendoci un po’ di lato, in una posizione di servizio che accompagni il processo. Mettersi al servizio di un processo tanto difficile e complicato è cosa importante ma presuppone la consapevolezza che non ci sono più ruoli dirigenti che ci portiamo dietro dai luoghi di provenienza. Se vorremo assumere incarichi , come tutte e tutti, dovremo essere anche noi legittimati da un voto.
Noi abbiamo tante risorse umane ma non siamo ancora riusciti a valorizzarle. Se mi è ben chiaro che Niky Vendola è l’esponente più significativo di ciò che finora siamo stati mi è altrettanto chiaro che la miglior cosa che abbiamo fatto sono state, nell’insieme, le liste alle elezioni europee, per l’apertura e la mescolanza di percorsi che rappresentavano. Sono quelle liste ad aver raccolto un milione di voti, e l’impegno preso dai candidati a portare quei voti in un nuovo soggetto politico della Sinistra. Ecco perché a mio parere è importante che da quelle liste si riparta per individuare il gruppo dirigente provvisorio che dovrà avere il compito di seguire la fase costituente fino al primo congresso. Non abbiamo coinvolto quei candidati, e mi riferisco in primo luogo a quelli non legati ad alcun “partitino”, per usarli solo in campagna elettorale, non sono i nostri “indipendenti di sinistra”, fiori all’occhiello che una volta terminate le elezioni vengono messi da parte. Se così fosse saremmo ancora prigionieri di una pratica politica logora.
Chi guarderà, all’indomani della assemblea di Napoli, il coordinamento nazionale, la commissione per lo statuto e quella sui principi del nuovo soggetto politico deve trovarci dentro le persone che hanno maturato in questi anni esperienze significative in movimenti importanti come quello della pace, della scuola, dei diritti civili, della legalità,dell’informazione e dell’editoria, del lavoro e del precariato, dell’associazionismo sociale e solidale. Tutti i candidati impropriamente definiti “esterni” hanno queste caratteristiche e tutti loro, e anche altre e altri, dovranno trovare posto nel nuovo assetto dirigente con ruoli precisi. Così come devono averlo, soprattutto nella commissione che preparerà le linee dello statuto i compagni e le compagne espressi dai territori.
Se sarà composto in questo modo il gruppo dirigente comincerà fin da subito a parlare ben oltre i confini delle piccole forze politiche di partenza. E sarà un bel segnale, che darà speranza. Come lo furono le liste per le europee.
Sarà anche un modo per cominciare a mettere radici in esperienze concrete e su questioni reali, perché in alcuni dei movimenti che ho citato si riconoscono molte migliaia di persone, quella sinistra diffusa alla quale vogliamo parlare. Non mi pare, questa proposta che avanzo, un dettaglio marginale: anche se non credo che le persone da sole possano cambiare il mondo, e meno che mai persone sole al comando, penso che un gruppo dirigente di donne e di uomini in buona parte nuovi alla direzione politica, ma non nuovi alla politica, possano almeno tentare di far meglio di quanto si è fatto finora. Perché finora, tutti noi che abbiamo in qualche modo diretto, non siamo giunti all’obiettivo che ci eravamo dati. Ecco perché è vitale cambiare, innovando i ruoli, pur mantenendo l’esperienza preziosa di tutti e tutte a disposizione e al servizio di questa nuova impresa.
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